La nascita del Maccherone al Pettine è indissolubilmente legata alla lavorazione della canapa in quanto il “pettine” è quello strumento di legno che aveva la funzione, nei telai domestici, di mantenere distanziati i fili. I pettini avevano lunghezze diverse a seconda della larghezza del tessuto che si voleva realizzare. In ogni casa colonica era presente un telaio in quanto la canapa è sempre stato un elemento importante dell’economia di sussistenza.

Le notizie più antiche sulla lavorazione della canapa (cannabis sativa) nel territorio a nord di Modena ci vengono dai documenti amministrativi dell’Abbazia di Nonantola. Risale infatti al 1062 un atto di locazione che Landolfo, Abate di Nonantola, fa a Martino, prete del Secco, di varie pezze di terra poste nello stesso luogo; nel canone annuo di affitto sono compresi un quinto del ricavato del lino e un sestario della canapa di parte padronale (canave donnicata). (Itinerari Storici nella Emilia Centrale, volume secondo, il territorio, pag. 262, Bruno Lodi)

La produzione della canapa, anche se con fasi alterne, si mantiene in espansione fino al XIX secolo, da quel momento un rapido declino, decretato dalla sempre maggiore disponibilità di prodotti tessili industriali come il cotone e interrotto solo nel periodo 1935-1943 (AUTARCHIA), segna la storia di questa coltivazione che scompare dalle nostre campagne negli anni ’50.

E’ proprio della fine degli anni cinquanta e più precisamente del 1959 la foto dell’Istituto dell’Atlante Linguistico Italiano: Quarantoli di Mirandola (MO) – Preparazione domestica di maccheroni rigati col pettine (1959).

L’ultima testimonianza tangibile di questa cultura è la presenza ancora numerosa nei territori dei maceri. I maceri, vasche artificiali di grandi dimensioni per la macerazione della canapa ottenute direttamente nel terreno, diventano oggi i “marcatori culturali” della zona vocata alla produzione del Maccherone al Pettine all’uso delle Valli di Mirandola.